Ogni problema ha la sua soluzione. Contrariamente a ciò che fanno credere gli stereotipi, non sono i problemi a portarci dallo psicologo, ma la volontà di risolverli.
Nell’articolo troverai una breve prefazione storica del modello breve strategico, a quali problemi e disturbi può essere applicato e quali sono i principali step di un percorso di psicoterapia breve strategica.
“Troppo spesso, di fronte a un problema, si ha la tendenza a cercare la spiegazione piuttosto che la soluzione”
Cenni storici ed evoluzione del modello
Il modello breve strategico affonda le sue radici in discipline antiche, inserite in un panorama di studi più recenti che prende avvio negli anni ’60 al Mental Research Institute di Palo Alto. Le ricerche sugli effetti della comunicazione sul comportamento umano di Bateson, e la fondazione del Brief Therapy Center, che ha visto la collaborazione di John Weakland, John Haley, Paul Watzlawick, solo per citarne alcuni, getta le basi per la creazione di un modello trasversale di terapia breve. In Italia è la proficua collaborazione tra Paul Watzlawick e il professor Giorgio Nardone a promuoverne la formalizzazione, e ne è il risultato la fondazione del Centro di Terapia Breve Strategica di Arezzo, centro clinico, di ricerca e formazione, che ha determinato nel corso degli ultimi trent’anni lo sviluppo del modello nel nostro paese.
Applicazioni a problemi / disturbi
Nel modello di terapia breve strategica è la soluzione che spiega il problema, invece che la spiegazione a portare alla soluzione. Causa ed effetto interagiscono continuamente in una dinamica circolare, quindi una soluzione che funziona spiegherà la realtà. In termini di applicabilità questo si traduce nella formalizzazione di protocolli specifici di trattamento per differenti classi di problemi o disturbi, basati sulla loro logica di funzionamento.
La creazione di protocolli non è una mera generalizzazione, bensì una risposta ai criteri base del modello:
Efficacia, cioè la capacità di produrre un cambiamento
Predittività, cioè per ogni azione effettuata in terapia, si deve poter prevedere gli effetti
Replicabilità, cioè di fronte a quella classe di disturbi uso sempre la stessa classe di soluzione.
Le classi di problemi / disturbi a cui poter applicare l’intervento breve strategico possono essere così sintetizzati:
Disturbi fobici, come ad esempio una fobia specifica, l’agorafobia con o senza attacchi di panico, la paura di guidare…
Disturbi Ossessivi, come ad esempio il disturbo ossessivo compulsivo, pensieri intrusivi, dubbio patologico…
Paranoia, come ad esempio la paura del giudizio, la paranoia su di sé o sugli altri…
Problematiche relazionali ad esempio nell’ambito della coppia, della famiglia, dei rapporti interpersonali
Disturbi alimentari
Disturbi sessuali della sfera femminile e maschile
Lutto e post traumatico
Il percorso di psicoterapia breve strategica
Come ogni percorso si inizia dal primo passo. La prima seduta di terapia breve strategica è già parte dell’intervento, viene indagato il problema del paziente e gettate le basi della futura relazione terapeutica. Il dialogo strategico è lo strumento principale a disposizione del terapeuta strategico: consiste nel porre domande precise per discriminare il problema e il suo funzionamento nella realtà, permettendo allo psicologo di comprenderlo e aiutando il paziente a dipanarne i diversi aspetti.
Durante la prima seduta viene inoltre condiviso con il paziente quello che chiamiamo “contratto terapeutico”, ovvero una breve sintesi delle modalità operative e dei tempi, un valido strumento nelle mani del paziente per orientarsi nel percorso di psicoterapia nel quale sta investendo.
Le sedute successive si svolgono a cadenza quindicinale, con l’intento di andare ad allungare il tempo fra una seduta e l’altra in funzione degli obiettivi terapeutici raggiunti e con l’obiettivo generale di dare sempre più autonomia al paziente nel suo processo di guarigione, fino a diventare un follow up una volta conclusa la fase di consolidamento dei risultati raggiunti.
Perché due settimane?
Tra una seduta e l’altra vengono dati al paziente, alcuni compiti o indicazioni da eseguire, che dovranno essere seguite il più possibile per vederne gli effetti nel quotidiano. Le due settimane sono quindi il tempo utile affinchè la persona riesca a metterle in pratica con regolarità e affinchè se ne possano vedere gli effetti previsti (criterio di predittività).
Come anticipato sopra, il tempo in terapia breve strategica è di rilevante importanza, così come lo è nella vita di ognuno di noi. Nel contratto terapeutico vengono indicate 10 sedute come tempo medio accettabile per vedere un primo cambiamento rispetto al problema che ha portato la persona a rivolgersi la terapeuta. Questo non significa che dopo 10 sedute la terapia sarà subitaneamente conclusa, ma che si passerà ad una fase di consolidamento dei risultati raggiunti. Il discrimine del tempo è innanzitutto importante per non perseverare qualora non vi fossero effetti prodotti: dieci sedute sono un periodo sufficiente per poter capire se la terapia sta funzionando. Il tempo è quindi il più importante fattore del criterio di efficacia, che come è facile intuire, non si può misurare, quando si parla della vita delle persone, su un lasso di tempo troppo lungo. Quindi rispondere a tale criterio significa poter dire che ciò che ha prodotto il cambiamento è il percorso di psicoterapia, attribuzione che non può essere fatta quando vi sono tempistiche molto dilatate, poiché diventerà difficile discriminare se ciò che ha prodotto il cambiamento è l’intervento psicoterapeutico e non ciò che è successo nella vita della persona.
Comments